Cristianesimo ortodosso

LE CHIESE ORTODOSSE: BREVE MAPPA DELL’ORTODOSSIA   versione testuale

Attraverso il concetto di ortodossia e con l’aggettivo ortodosso si autodefiniscono e si indicano usualmente diverse comunità e Chiese cristiane orientali ed est-europee, i cui riti, riferimenti dottrinari e tradizioni culturali si sono definiti a partire dal cristianesimo delle origini, dell’età ellenistica tardoantica e poi bizantina, in dialogo e in antinomia alla Chiesa di Roma.[1]
“Ortodossia” significa letteralmente “retta dottrina” e indica col suo significato un aspetto fondamentale e comune a queste Chiese: la centralità della “retta fede”, ossia l’importanza primaria attribuita dal fedele al professare con integrità la propria tradizione religiosa, considerata fonte di salvezza. Questa connotazione terminologica indica così da una parte la rigorosa continuità che queste Chiese istituiscono con il passato e con una esperienza di fede fondata sui dogmi e i riti della Chiesa indivisa dei primi concili, sia un’evidente contrapposizione verso chi è così definito “eterodosso” (siano le antiche eterodossie, ad esempio gnostiche o ariane, o gli altri cristianesimi contemporanei).
Esistono diverse Chiese “ortodosse” e ciò spesso crea delle ambiguità, amplificate dalla scarsa conoscenza da parte occidentale di queste forme alternative di cristianesimo, tanto antiche quanto diverse fra loro. Queste Chiese sono divisibili in due macroaree.

Un primo gruppo che si autodefinisce “ortodosso” è quello delle Chiese ortodosse antico-orientali, fiorite nelle aree orientali e meridionali dell’impero bizantino. Queste Chiese, e quelle a loro storicamente affiliate, sono dette pre-calcedoniane, perché staccatesi dalle altre Chiese cristiane in seguito al concilio di Calcedonia del 451; fondano dunque la loro dottrina comune sui primi tre concili ecumenici cristiani di Nicea del 325, Costaninopoli del 381 ed Efeso del 431.
Da questo carattere di arcaicità dei dogmi deriva l’attributo, oggi discusso, di Chiese monofisite, che sta ad indicare la credenza in una natura indivisa divino-umana del Cristo: un dibattito cristologico e terminologico alla base dello scisma. Si riconoscono vicendevolmente, pur nella loro profonda diversità liturgica e culturale, oltre che linguistica, tre Chiese pre-calcedioniane: la Chiesa copta con base in Egitto, la Chiesa siro-giacobita con base in Siria, e la Chiesa armeno-gregoriana che è tutt’oggi la Chiesa principale in Armenia.
Legate storicamente alla Chiesa copta, ma di fatto indipendenti, sono le Chiese ortodosse etiope ed eritrea, dette anche Chiese tewahedo: un appellativo in lingua ge’ez, l’antica lingua liturgica comune a entrambe, che ne sottolinea appunto la cristologia monofisita.
Dal cristianesimo siriaco-ellenico della Chiesa siro-giacobita, una sintesi culturale già all’opera nel suo fondatore Giacobbe Baradeo, è invece stata influenzata la Chiesa sira del Malankar, la più antica comunità cristiana dell’India meridionale, il cui primate (detto chatolicos) è tutt’oggi nominato dal patriarca ortodosso siriaco. A seguito di diversi scismi, frutto anche dell’ingerenza cattolica e poi protestante durante il periodo coloniale, nella regione indiana sono presenti a tutt’oggi altre comunità legate alla tradizione ortodossa antico-orientale sira ma non in comunione, quali la Chiesa siro-malabarese indipendente (nata da uno scisma del 1771) e la Chiesa siro-malankarese Mar Thoma (riformatasi nel corso dell’Ottocento).

L’ortodossia è però rappresentata nella sua componente maggioritaria da un insieme di Chiese est-europee, legate fra loro da una comune adesione alla disciplina ecclesiastica, ai contenuti dottrinali, ai dogmi e alle forme esteriori di culto caratteristici del rito ortodosso “bizantino” o “costantinopolitano”. Col termine ortodossia ci si riferisce quindi più spesso a queste Chiese, dette anche calcedoniane: quattordici in tutto fra Patriarcati e Chiese autocefale, legate al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, a cui spetta una posizione di primato onorifico e simbolico.
L’organizzazione delle diocesi cristiane in età dioclezianea e il carattere universalistico e al contempo pluralistico dell’impero romano emergono tutt’oggi nella organizzazione dell’ortodossia: una articolazione di Chiese particolari, gerarchicamente indipendenti ma teologicamente uniformi.
Pur essendo in piena comunione sacramentale, canonica, dogmatica e liturgica, si può parlare di Chiesa ortodossa al singolare solo in senso improprio. Al patriarca di Costantinopoli non compete infatti alcun ruolo comparabile a quello del pontefice della Chiesa cattolica di rito latino; prevale piuttosto il principio della autocefalia: una piena autonomia di governo da parte di Chiese ortodosse particolari, definite sulla base di fattori territoriali, storici ed etnico-culturali. Si chiama autocefala ogni Chiesa che quindi ha il diritto di organizzarsi autonomamente, scegliendo i propri vertici. Nonostante i recenti sforzi verso un coordinamento conciliare “pan-ortodosso”, tutte le quattordici Chiese calcedoniane in comunione possono dirsi “autocefale”, poiché guidate in ogni loro aspetto da un primate autonomamente eletto: un patriarca per i nove Patriarcati, un arcivescovo-primate per le cinque Chiese autocefale.
Delle antiche diocesi “capitali” della cristianità durante l’impero, quattro (Roma è esclusa) sono oggi patriarcati ortodossi in comunione: Costantinopoli, AlessandriaAntiochia e Gerusalemme. Nonostante la primizialità storica di questi antichi patriarcati, queste Chiese contano un numero piuttosto esiguo di fedeli, poiché fortemente ridimensionate a partire dal VII secolo dalla dominazione islamica e ottomana.
A partire dal IV secolo i vescovi di Costantinopoli, che fu capitale dell’impero romano d’Oriente (di lingua greca), si posero in graduale antagonismo con Roma; fino a giungere al noto scisma del 1054, quando il papa Leone IX e il patriarca Michele Cerulario si scomunicarono a vicenda, anche se ben più determinante sarà la rottura successiva al saccheggio di Costantinopoli da parte dei crociati, nel 1204.
Staccatesi dalla Chiesa bizantina le Chiese dette nestoriane e poi quelle monofisite, caduti i patriarcati di Antiochia e Alessandria sotto la dominazione araba, il patriarcato di Costantinopoli diventò, in una condizione storica di effettiva diarchia con Roma, l’autorità ecclesiastica più importante dell’Oriente, nella posizione di ratificare le posizioni dei concili, unificare le altre Chiese cristiane nei riti e attirare nella sua orbita anche regioni prima estranee all’impero; fra queste anche l’antico Patriarcato di Georgia, originariamente legato ad Antiochia, che accettò i decreti del concilio di Calcedonia, prendendo così le distanze dalla vicina Armenia, e che nonostante una lunga storia di autonomia (interrotta dal periodo sovietico) ha assunto ufficialmente dignità patriarcale solo nel 1990.
Ai quattro patriarcati antichi e a quello georgiano se ne aggiungono altri quattro, le Chiese slave dell’Europa orientale. Queste Chiese sono sorte in seguito all’efficace iniziativa missionaria condotta nel IX secolo da Cirillo e Metodio, che portò progressivamente alla fondazione delle Chiese di BulgariaSerbia, e Russia, tutt’oggi accomunate dall’utilizzo dell’alfabeto cirillico e dal paleoslavo come lingua liturgica ufficiale. L’attività missionaria di questi due fratelli influenzò anche le comunità cristiane della regione della Romania (dove il paleoslavo è stato utilizzato fino al XVII secolo). I quattro patriarcati costituiscono il gruppo di Chiese ortodosse calcedoniane di gran lunga più cospicuo dal punto di vista numerico: circa 180 milioni di fedeli, di cui 20 sono legati al Patriarcato di Romania e quasi 150 al Patriarcato di Mosca. Quest’ultimo rappresenta con i suoi fedeli la metà dell’intera ortodossia e potrebbe quindi concorrere per autorità con il prestigio storico-dottrinario di Costantinopoli.
Come è previsto sulla base del principio della autocefalia, è accaduto e accade tutt’oggi che delle nuove situazioni locali (come ad esempio la nascita di un nuovo Stato nazionale o una missione poi sufficientemente estesasi) portino all’istituzione di nuove Chiese ortodosse calcedoniane: la nuova Chiesa ottiene uno statuto indipendente da parte della Chiesa madre, da cui dipendeva precedentemente, statuto poi ratificato da Costantinopoli.
Sorgono così le Chiese autocefale, che nonostante il precedente assai precoce dell’Arcivescovado di Cipro (risalente al 431), è un fenomeno legato specialmente all’età moderna e alla nascita degli stati nazionali, con la conseguente creazione di nuove giurisdizioni ecclesiastiche.
Sorgono su base nazionale, staccandosi da Costantinopoli, le autocefalie balcaniche della Chiesa ortodossa di Grecia (riconosciuta nel 1850) e quella di Albania (nel 1937); mentre nascono dal Patriarcato di Mosca le piccole realtà centro-europee della Chiesa ortodossa di Polonia (1924) e della Chiesa delle Repubbliche Ceca e Slovacca (1998). Il patriarca ecumenico di Costantinopoli rivendica il diritto esclusivo di concedere l’autocefalia, ma ciò ha creato motivi di contesa con il Patriarcato di Mosca, che talora l’ha concessa autonomamente: è questo il caso della Autocefalia della Chiesa ortodossa in America, dichiarata da Mosca nel 1970 e non riconosciuta da Costantinopoli, che porterebbe il numero delle Chiese ortodosse in comunione a quindici.

A queste quattordici giurisdizioni si aggiungono le Chiese ortodosse autonome e semi-autonome, i cui atti di governo, a differenza delle Chiese autocefale, necessitano della ratifica dell’autorità patriarcale che ha loro concesso questa relativa indipendenza.
Hanno Costantinopoli come Chiesa madre le Chiese autonome di Finlandia e quella di Estonia (la cui giurisdizione territoriale è contesa dal patriacato russo, che ancora ha in questa sede una sua metropolia) e quelle semiautonome di Creta e di Corea; è semi-autonoma anche l’antica Comunità monastica de Monte Athos, luogo simbolo dell’ortodossia. Gode da diversi secoli dello stesso statuto la comunità monastica del Monte Sinai, legata al Patriarcato di Gerusalemme: un monastero fortificato fondato all’epoca di Giustiniano I, che conserva antichi manoscritti e icone e conta circa mille fedeli.
Fanno invece capo a Mosca, e da questa quindi dipendono per la consacrazione dei propri vertici, la Chiesa ortodossa canonica Ucraina (istituita nel 1991) e la Chiesa ortodossa del Giappone, frutto dell’attività missionaria russa del XIX secolo (come la Chiesa ortodossa cinese, oggi formalmente estinta).
Alcune metropolie ed esarcati non godono di una condizione di molto dissimile, pur non avendo ufficialmente uno statuto autonomo, avendo guadagnato autonomia in ragione di mutamenti storici e geopolitici. È il caso ad esempio di alcune delle consistenti diocesi sviluppatesi in Europa, America e Australia a seguito della diaspora ortodossa (come ad esempio l’Arcidiocesi di Gran Bretagna del Patriarcato di Costantinopoli), o di quelle che hanno assunto un carattere nazionale dopo la caduta dell’URSS (come ad esempio la Metropolia di Chişinău in Moldova, che è legata a Mosca e convive oggi con una concorrente metropolia rumena).
Le Chiese ortodosse sono in crescita costante in area occidentale, non solo a seguito di una immigrazione crescente, ma anche per via di un costante flusso di conversioni (in particolar modo in America, dove si contano oltre 5 milioni di fedeli, in gran parte divisi fra la Chiesa autocefala suddetta e l’Arcidiocesi d’America legata a Costantinopoli). Il conservatorismo e tradizionalismo ortodosso riscuotono infatti un fascino significativo lì dove invece le Chiese occidentali si sono sottoposte agli adeguamenti richiesti da una società secolarizzata, multiculturale e liberale in materia di etica e teologia: dinamiche con cui le stesse Chiese ortodosse, nei loro territori, devono oggi confrontarsi.

Nel gruppo delle Chiese ortodosse calcedoniane, ma fuori dalla comunione con Costantinopoli, si annoverano anche una serie di Chiese, gruppi ed organizzazioni non riconosciuti, scismatici e non canonici.
Nel caso russo, particolarmente significativa è la presenza storica delle comunità dei cosiddetti Vecchio-credenti o Vecchio-ritualisti, seguaci di uno scisma verificatosi nella Chiesa ortodossa russa nel XVII secolo e mai sanatosi. Si stima ammontino oggi a circa 8 milioni di fedeli, organizzati in diverse giurisdizioni (fra queste, la Concordia di Bielaja Krinitza). Fra i gruppi scismatici legati invece alle conseguenze della rivoluzione bolscevica c’è la Chiesa ortodossa russa all’estero, che ancora oggi è un punto di riferimento per molti ortodossi russi oltrefrontiera e che sorse (in Serbia, poi a New York) fra le file di monarchici e conservatori fuggiti dopo la rivoluzione, che non accettarono la convivenza del Patriarcato di Mosca con il governo sovietico.
Movimenti conservatori sono all’origine anche delle Chiese scismatiche del Vecchio-calendario (o paleoimerologhite) sorte in Grecia, Bulgaria e Romania (la più nota di queste organizzazioni è il Sinodo dei Resistenti). All’origine dello scisma una riforma del 1923 che optò per la sostituzione del calendario liturgico giuliano con quello gregoriano (rifiutata anche dalle Chiese di Russia, di Serbia e di Gerusalemme, che ancora oggi utilizzano il vecchio calendario).
Anche la frammentazione politica, sociale e culturale della seconda metà del XX secolo si è profondamente riflessa nel mondo, come abbiamo visto già plurale, dell’ortodossia. A seguito di questi processi ulteriori gruppi ecclesiali si sono staccati dalla famiglia delle Chiese ortodosse calcedoniane in comunione, e al contempo nascono, in particolar modo in contesto occidentale, nuove comunità non collegate alle istituzioni storiche del cristianesimo ortodosso, ma che si rifanno alle sue tradizioni, dottrine e canoni estetici.
Fra questi gruppi, molti assumono toni conservatori o tradizionalisti, opponendosi alle spinte unificatrici e alle istanze riformistiche ed ecumeniche che toccano, se pur contraddittoriamente e in maniera eterogenea, le Chiese in comunione. Alcuni di questi movimenti sono sorti sull’onda delle tensioni politiche interne e internazionali, ad esempio legandosi ai movimenti nazionalisti nei Paesi ex-socialisti; è il caso della ex-Repubblica jugoslava di Macedonia e del Montenegro, le cui Chiese proclamatesi nazionali non sono riconosciute; come anche della Chiesa autocefala non canonica della Bielorussia o dell’Ucraina, dove ben due Chiese ortodosse locali, oltre che una chiesa cattolica greco-orientale, coesistono con la Chiesa ortodossa canonica, legata a Mosca.
Vengono invece soprattutto dalla diaspora ortodossa in occidente, dove questa pluralità di giurisdizioni ortodosse convive e si confronta quotidianamente, le spinte maggiori verso un cammino conciliare comune e unitario.

[Scheda redatta dal Dott. Davide Carnevale – Università di Bologna, 2016]


[1] In questa presentazione del mondo ortodosso abbiamo dunque escluso, delle Chiese cristiane orientali, sia le espressioni del cristianesimo detto “nestoriano”, sia il gruppo di quelle Chiese che riconoscono l’autorità del papa di Roma, definite “uniate” (in quanto direttamente legate alla Chiesa cattolica), o più correttamente Chiese cattoliche greche o di rito orientale.